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Anguria ed esperienza utente
L’altro giorno ho aperto il frigorifero di casa per prendere una pesca, e il mio sguardo si è posato su un’anguria. Fin qui tutto bene.
Ma non era il classico cocomero bello grande, come quelli che eravamo abituati a mangiare da bambini, ma una di quelle piccole angurie che oggigiorno si trovano spesso sui banchi che vendono frutta e verdura.
Finché assaporavo la mia pesca, ho cominciato tra me e me a pensare a questa piccola anguria e a come entrasse perfettamente nel mio frigorifero, sembrava fatta apposta! A quel punto un pensiero ha cominciato ad assillarmi: e se non fosse un caso?
Sia io che la mia compagna siamo vegetariani, per cui il nostro frigo è spesso stracolmo di frutta e verdura, soprattutto d’estate, e voi non avete idea che dramma sia alle volte riuscire a farci entrare tutto. E questa piccola anguria era lì in un angolino, così discreta e simpatica, occupava poco spazio, era grande giusto giusto quel tanto che serviva per entrare perfettamente in un ripiano del frigo.
Allora ho cominciato a pensare all’esperienza utente, a come si potesse adattare concettualmente a qualsiasi oggetto, prodotto o servizio.
Una volta le famiglie erano molto numerose, e molti di coloro che abitavano in campagna avevano dei pozzi o delle grandi vasche per l’acqua, che magari utilizzavano per abbeverare gli animali. Per cui, acquistare un cocomero bello grande, da mettere a rinfrescare nel pozzo e poi mangiare tutti assieme, magari durante una pausa dal lavoro nei campi, era assolutamente normale.
Poi è cambiata la società, le famiglie sono diventate sempre più piccole, le case anche, e le persone hanno cominciato ad andare sempre più di fretta. Possiamo dire che è cambiato il contesto (sociale, professionale, familiare) in cui le persone si muovono, e nello stesso tempo sono cambiati anche i bisogni delle persone.
Un’anguria gigante non va più bene per famiglie di una o due persone, che fanno la spesa di fretta e con frigoriferi piccoli, magari strapieni di frutta e verdura come il mio.
Ecco allora che il mercato ha saputo cogliere un bisogno, spinto dall’obiettivo di incrementare le vendite di cocomeri che probabilmente andavano calando, e ha cominciato a proporre angurie sempre più piccole, a “misura di frigorifero”.
Questa per me è esperienza utente: saper proporre un prodotto o un servizio che raggiunga degli obiettivi di business e che nello stesso tempo sia in grado di soddisfare i bisogni delle persone che ne fruiscono in un determinato contesto d’uso.
Quella piccola anguria probabilmente ha fatto in modo che ci sia un incremento delle vendite, andando a soddisfare dei bisogni dei consumatori, e cioè avere un prodotto leggero da trasportare, facile da conservare in frigorifero e che può essere consumato anche da nuclei familiari ridotti, senza che si deteriori e quindi senza sprechi.
È facile intuire come, per arrivare a un risultato come questo si debba:
- sapere quali siano gli obiettivi da raggiungere (vendere più angurie)
- conoscere le persone che utilizzeranno i nostri prodotti, indagare quali siano i loro bisogni (avere un prodotto che sta facilmente in frigo e si consuma velocemente), le loro paure e le loro frustrazioni
- conoscere il contesto in cui le persone agiscono (case piccole, poco spazio dove conservare l’anguria, frigoriferi spesso stracolmi)
Un ulteriore considerazione che mi è nata a posteriori, memore anche di una chiacchierata con un’amica, è legata all’idea di innovazione.
Per molti di noi il concetto di innovazione è correlato al creare qualcosa di nuovo, al dare alla luce qualcosa che prima non esisteva.
Personalmente ritengo invece che ci possa essere una grande innovazione anche nell’iniziare a utilizzare un prodotto in maniera diversa da come si era fatto fino a quel momento, magari con scopi e finalità diversi, oppure, come nel caso del cocomero, nel creare una variante di un prodotto (o servizio) in grado di soddisfare nuovi bisogni e obiettivi.
Alla fine della storia, l’anguria non era nemmeno molto buona, per cui la mia esperienza utente ha riscontrato quello che in gergo tecnico si chiama un “pain point”, che è andato a condizionare l’intera esperienza e che mi ha lasciato insoddisfatto del prodotto che ho acquistato.
Un’ulteriore riflessione sorge quindi spontanea: ricordate che il “journey” di un cliente non finisce nel momento in cui avviene l’acquisto, ma c’è sempre un “dopo” che può condizionare pesantemente l’intera esperienza!
E per voi, cosa sono l’esperienza utente e l’innovazione?
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Massimo Trevisan
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http://www.quirky.it/ Manuel Grifalconi
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